La ricerca e l’innovazione si basano su rigorosi studi clinici che coinvolgono in prima persona i pazienti. L’attore principale degli studi clinici è il paziente affetto dalla malattia in esame. Includere il punto di vista del paziente ci permette di ridurre le barriere che altrimenti limitano la sua partecipazione e di introdurre strumenti e supporti che forniscano ai pazienti la migliore esperienza possibile. Ne parliamo con il Prof. Salvatore Di Somma, direttore della Medicina d’Emergenza-Urgenza dell’Università La Sapienza di Roma e direttore scientifico dell’Associazione Italiana Pazienti con Scompenso Cardiaco (Aisc).
Cosa ne pensa il paziente?
In linea generale i pazienti sono desiderosi di far parte di una ricerca clinica. Un sondaggio del 2019 ha rilevato che il 79% delle persone che non hanno mai partecipato a una prova sono aperte all’opportunità. La maggioranza (81%) vuole conoscere tutti i rischi e i benefici prima di accettare per partecipare, l’83% si aspetta l’accesso ai propri dati e il 52% vuole un promemoria di appuntamenti, calendari e altre interazioni per aiutarli a gestire l’esperienza.
Le organizzazioni si stanno rendendo conto del ruolo cruciale che la centralità del paziente riveste per il successo degli studi clinici. Molte aziende parlano dell’importanza di essere centrate sul paziente, ma poche hanno una strategia attuabile nel loro programma di sviluppo clinico. La vita a di un paziente non inizia e finisce con il suo coinvolgimento nello studio: ognuno di loro ha esigenze, preoccupazioni e impegni lavorativi, familiari e personali che possono essere molto più importanti della sua partecipazione. Se si vuole che il paziente continui lo studio anche quando incontra difficoltà o inconvenienti, o che addirittura che accetti di partecipare, è indispensabile che lo studio sia già a priori concepito per adattarsi alle esigenze di ciascun partecipante.
Il paziente nei trial decentralizzati
Gli studi clinici tradizionalmente condotti hanno visto modificate molte delle loro pratiche a causa della pandemia da Covid-19. Prima della pandemia erano condotti esclusivamente negli Ospedali o Centri di ricerca. Durante la pandemia i produttori di farmaci hanno dovuto affrontare la prospettiva di assistere a una battuta d’arresto di costose sperimentazioni cliniche poiché la pandemia ha impedito ai pazienti dello studio di accedere alle strutture ospedaliere. Nel tentativo di mantenere i loro programmi di sviluppo dei farmaci in corso, le aziende biofarmaceutiche hanno modificato i protocolli tradizionali per adottare una forma di studi decentralizzati.
Per eseguire le strategie decentralizzate, si consente ai pazienti di partecipare alle sperimentazioni cliniche dalle loro case fornendo loro farmaci in studio e cure nel luogo in cui vivono.
Oltre al ruolo fondamentale svolto dagli studi decentralizzati durante la pandemia, questi studi incentrati sul paziente stanno guadagnando lodi grazie ai vantaggi che offrono ai pazienti, ai siti di ricerca e agli sponsor:
- I pazienti preferiscono questi studi perché hanno accesso a nuove terapie e cure personalizzate senza uscire di casa.
- I siti di ricerca sono soddisfatti perché gli studi decentralizzati rendono più facile per loro reclutare i pazienti dello studio.
Il ruolo e valore del paziente nella ricerca clinica sono quindi ulteriormente cresciuti e riconosciuti. Inoltre, la pandemia ha rafforzato l’accettabilità degli studi tra i pazienti. I dati mostrano che ai pazienti piace l’idea degli studi decentralizzati come opzione di ricerca clinica perché eliminano molto dell’onere della partecipazione alla sperimentazione. I pazienti si sono abituati alle interazioni digitali con gli operatori sanitari durante i lockdown e si aspettano che questi strumenti facciano parte delle future interazioni, come la possibilità di scegliere quando e dove presentarsi a un appuntamento tramite app e piattaforme online.
Gli studi decentralizzati eliminano molti degli oneri che comunemente causano logoramento, inclusi gli impegni eccessivi e di viaggio e di tempo. È però essenziale che i pazienti si sentano emotivamente connessi allo studio. Tale connettività può essere ottenuta attraverso una costellazione di piccole scelte che insieme creano un’esperienza coinvolgente e di supporto:
- Utilizzare tecnologie familiari al paziente che possono essere facilmente integrate nella sua routine quotidiana.
- Consentire ai pazienti di utilizzare i propri dispositivi.
- Fornire un portale online centrale per un’esperienza digitale semplificata.
- Idealmente, le interazioni con i pazienti completamente digitali avverranno attraverso un’unica piattaforma, in cui i pazienti possono accedere a tutti i loro moduli di consenso elettronico, diari elettronici, collegamenti di telemedicina, funzionalità di chat, calendario degli appuntamenti, avvisi e dati personali.
- Dovrebbe essere facile per i partecipanti ottenere informazioni e interagire con il team clinico.
I bisogni dei pazienti
Sebbene gli studi digitali mirino ad essere più inclusivi, essi incontrano varie barriere, tra cui il divario della competenza digitale, l’esclusione di alcuni test e procedure, la complessità della somministrazione di farmaci a domicilio e la necessità di costruire nuove infrastrutture (NPJ Digital Medicine 2022). Inoltre il bisogno di contatto con i propri medici rimane un aspetto centrale dell’atto terapeutico.
La necessita di mantenere l’equilibrio tra tecnologia e interazioni umane richiede nuovi modelli per essere compatibile con la digitalizzazione e la continuità delle cure, soprattutto quando il paziente partecipa ad uno studio clinico. Anche in uno studio completamente remoto, molti pazienti avranno ancora bisogno del supporto periodico da una persona reale anche per aiutarli navigare la tecnologia, rispondere alle domande o fornire rassicurazioni. Pertanto, gli studi decentralizzati solo se ben disegnati per rispondere non solo ai quesiti scientifici, ma anche ai bisogni dei pazienti, potranno rappresentare una soluzione valida e applicabile in campo globale.
Tali studi devono essere costruiti intorno alle necessità della popolazione di pazienti, tenendo conto della loro mobilità, capacità tecnologica, paure, accesso ai centri di trattamento e condizioni cliniche.
Le associazioni dei pazienti
Perseguire la centralità del paziente richiede un programma coordinato e diversificato, piuttosto che iniziative singole come quella di ospitare un focus group di pazienti o condurre un sondaggio. È necessario raccogliere dati da diverse fonti per capire le esperienze dei pazienti ed utilizzarli per costruire un approccio di studio che supporti al meglio pazienti, loro caregiver, e le famiglie. I dati possono facilmente provenire dalle interazioni con la comunità dei pazienti. Da qui un ruolo ancora maggiore delle associazioni dei pazienti nella ricerca e l’innovazione.
Il Prof. Di Somma riporta la sua esperienza: “Con l’Associazione italiana scompensati cardiaci stiamo cercando di realizzare un modello che prevede di ottimizzare l’engagement del paziente quando non avvezzo all’utilizzo di device digitali tramite l’aiuto offerto da un caregiver o dall’Associazione stessa; nello stesso tempo, è necessario predisporre strumenti che siano in grado di intercettare ogni minima variazione nello stato di salute del paziente affetto da scompenso cardiaco, consentendo al medico di cambiare la terapia attraverso il ricorso alla televisita e, se serve, a un teleconsulto a tre, coinvolgendo anche il medico di medicina generale. Nello scompenso cardiaco questo modello potrebbe diventare una modalità ufficiale per prevenire le riacutizzazioni, per migliorare l’assistenza evitando visite cardiologiche in presenza o addirittura ricoveri d’urgenza, e per rassicurare il paziente stesso.”
Grazie alla creazione di relazioni con le associazioni di pazienti, possiamo conoscere la vita dei pazienti affetti da una specifica patologia e sentire da pazienti e famiglie reali come possiamo rendere la loro vita più facile. Essere consapevoli di come nuove opportunità come questa possano essere sfruttate a vantaggio degli individui e delle sperimentazioni cliniche, piuttosto che continuare con le procedure consolidate perché “si è sempre fatto così”, è un passo fondamentale verso la centralità del paziente. “La centralità del paziente sta diventando il nuovo paradigma della scienza medica, sia nella pratica clinica che nella ricerca clinica. Centralità significa però adeguata rappresentazione e da qui l’importanza delle associazioni dei pazienti” ribadisce il Prof. Di Somma.
L’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha istituito un tavolo permanente di consultazione con le associazioni dei pazienti per un coinvolgimento costante ed attivo di tutti i cittadini su tematiche inerenti ai farmaci: un contributo prezioso per l’attività regolatoria, perché portatore di esperienze reali e competenze che miglioreranno la promozione e tutela della salute dei cittadini.
I PRO, gli indicatori di salute riportati dai pazienti
Grazie ai progressi tecnologici, alla diffusione delle informazioni e all’associazionismo, oggi il paziente è sempre più disponibile e desideroso di partecipare attivamente. Il termine inglese PROs (patient reported outcomes) rappresenta “un rapporto sullo stato di salute di un paziente che provenga direttamente dal paziente stesso, senza interpretazione da parte di un medico o di chiunque altro” (Guidance for Industry Patient-Reported Outcome Measures).
I PROs possono riferirsi a sintomi della malattia, effetti collaterali del trattamento, come dolore, affaticamento o ansia; esiti funzionali, come i risultati fisici, sessuali o funzionali, come il funzionamento fisico, sessuale, sociale, di ruolo, emotivo o cognitivo; oppure costrutti multidimensionali come la qualità di vita correlata alla salute (HRQOL) o l’utilità per la salute.
I PROs possono essere inseriti come endpoints degli studi clinici e somministrati attraverso dei questionari validati con un approccio di valutazione standardizzato. I PROs possono essere somministrati con diverse modalità, dalle più tradizionali (es. questionario cartaceo, intervista, telefono) alle più innovative, che si basano sulle tecnologie E-PROs.
Il paziente esperto
Eupati è un programma europeo nato nel 2012 con il fine di educare i pazienti e di coinvolgerli attivamente nel processo di ricerca, sperimentazione e sviluppo dei farmaci per un confronto costante e produttivo con gli enti decisionali. Nel 2019, anche in Italia si è affermata, grazie ad Accademia dei Pazienti, una nuova figura professionale nel mondo della salute: il paziente esperto, certificato Eupati.
Il paziente esperto si fa portavoce dei bisogni di tutti i malati portando con sé il bagaglio delle loro esperienze “reali”, vissute a contatto con la patologia. Per questo, può rappresentarli con competenza durante gli eventi istituzionali a cui partecipa, dialogando “da vicino” con le istituzioni, i comitati etici, le associazioni di medici ed infermieri e tutti coloro che operano in campo medico-sanitario. Attualmente in Italia due comitati etici – quello del San Raffaele di Milano e quello del Gemelli di Roma – hanno scelto un paziente esperto Eupati come loro membro interno. Ma non essendoci una legge, neanche nella riforma attuale dei comitati etici, questa partecipazione dipende ancora dalla sensibilità di chi ordina i membri interni dei propri comitati etici.
Amplificare la voce del paziente
La ricerca del futuro sarà concepita in modo da strutturare tecnologia e design innovativi per soddisfare i bisogni de dei pazienti. Coinvolgendo i pazienti e i loro familiari e/o caregiver fin dall’inizio della progettazione dello studio clinico e valutando come le nuove tecnologie digitali possano essere utilizzate al meglio, è possibile creare studi in grado di attrarre e trattenere un sempre maggior numero di partecipanti e di operare con maggiore efficienza.
Per migliorare l’esperienza del paziente durante la partecipazione a uno studio clinico nel suo complesso, dobbiamo considerare ogni aspetto dell’assistenza, compresi la comunicazione e l’ambiente. Processi efficienti e in grado di fornire i risultati richiesti sono componenti fondamentali di uno studio clinico, ma da soli non bastano a garantire un’esperienza eccellente per il paziente. È necessario invece coinvolgere i pazienti in tutti i processi che hanno un impatto su di loro e assicurarsi di comprendere appieno la loro esperienza di partecipazione. Con questo approccio, le sperimentazioni avranno le migliori possibilità di produrre risultati positivi per tutti.
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